Popolo del mare, popolo dei porti
Il 30 aprile la 17° edizione del Trofeo Gianni Cozzi si è conclusa con la vittoria e la premiazione de Il
Pingone di Federico Stoppani, che oltre ad aggiudicarsi l'ambito Trofeo, ha ancora una volta
lustrato la medaglia che questa regata dedica all'uomo che le ha dato il nome: Gianni Cozzi.
All'evento hanno partecipato quasi trenta team e il loro viaggio, col vento di levante in poppa, ha
sfiorato le coste di Sanremo, Arma di Taggia, Marina degli Aregai e, infine, San Lorenzo, sulle
impronte di Gianni.
Parliamo sempre del mare come un luogo in cui rilassarsi e godere del meritato riposo di un
weekend fuori porta, ma il Trofeo Gianni Cozzi ci riporta sulla retta via: il mare può essere
selvaggio, e sfidarlo è una delle emozioni più intense che l'essere umano possa sperimentare.
Se poi ricordiamo che meno del 10% del cosiddetto "Pianeta Blu" è stato esplorato, capiamo che
sfilare sul dorso di questo immenso gigante con ali di lamiera non può che essere una vera e
propria scarica di adrenalina.
E così è stato, e così è, per tutti coloro che ogni anno partecipano al Trofeo e, più in generale,
vivono il porto di San Lorenzo e la Marina degli Aregai.
Perché, prima di essere hotel di lusso, splendide spiagge e freschi poggi da cui contemplare il mare
sorseggiando un cocktail, è bene ricordare che si tratta soprattutto di porti: le navi, coi loro
pennoni e il loro incessante dondolio, sono gli ospiti d'onore di entrambe le strutture, e i loro
capitani i veri padroni di casa. Sono loro le sagome che si aggirano tra i moli e porticcioli ancora
immersi nella freddezza rosata del mattino, quando il mare è uno specchio e il silenzio è assoluto.
Sono loro che infrangono la quiete dei pesci col tonfo delle loro ancore e il fruscio degli ormeggi
tirati; sono loro che, col naso perennemente in aria per controllare le nuvole in cielo, talvolta
rischiano di fare un bel tuffo in acqua prima del tempo. Loro che ogni tanto si vedono saltare da
un'imbarcazione all'altra senza passare per il molo, sfoggiando un'agilità che quasi somiglia a
quella degli antichi progenitori, e che si vedono discutere per infinite ore, sotto un sole cocente, su
questa o quest'altra caratteristiche delle loro amate barche.
Loro che vegliano, nervosi, preoccupati, su onde troppo aggressive o cieli troppo ventosi; loro che, nelle giornate giuste,
scappano da mogli e mariti, figli e nipoti, colleghi e soci, per sgusciare dentro le cabine delle loro
barche e filare via più veloci del vento, prim'ancora che gli si possa chiedere: "posso venire
anch'io?"
Perché il mare è una questione privata: ogni marinaio lo sa.
Però sono sempre loro che, in giornate come quelle del Trofeo, si riuniscono sui moli, si scambiano
saluti e battute; inaugurano amicizie e piccole rivalità che il mare fa presto a rinsaldare e risolvere,
perché tutti loro, nel mare, cercano la stessa cosa: la bellezza del ritrovarsi nel proprio elemento.
C'è chi in Liguria ci è nato e chi è ligure d'adozione, chi conosce bene "il suo mare" e chi, invece,
deve ancora scoprirlo, chi la barca la governa da solo - e tanti saluti, grazie! - e chi ha ancora
bisogno di imparare a domare le onde - ma tutti, nessuna eccezione, arrivano dall'altra parte della
costa, alla fine del viaggio, felici, spossati ed eccitati.
E' questa una delle grandi bellezze del mare: il potere di rendere libero ciascun uomo e, nello
stesso momento, farlo parte di una grande, grandissima famiglia.
Un saluto ai nostri marinai, il sale del nostro mare.